Amnesty International e Human Rights Watch: continueremo ad indagare e a chiedere giustizia
*Pubblicato per la prima volta da Melting Pot Europa
La Guardia costiera greca continua ad affermare che i passeggeri del peschereccio “Adriana”, avevano rifiutato il loro aiuto il 14 giugno al largo delle coste di Pylos in Grecia.
In questo naufragio, uno dei più letali della storia recente, delle circa 750 persone a bordo, i sopravvissuti sono 104.
E sono proprio le testimonianze di molti di loro a smentire le dichiarazioni della Guardia costiera. Le ultime raccolte da Amnesty International e Human Rights Watch tra il 4 e il 13 luglio nella loro visita in Grecia per svolgere ricerche sulle circostanze del naufragio e sui passi avanti verso l’accertamento delle responsabilità, confermano che il peschereccio “venne trainato da un’imbarcazione della Guardia costiera greca, determinandone l’inabissamento. Le autorità di Atene hanno categoricamente smentito quelle affermazioni”.
Intanto la procura di Kalamata acquisisce agli atti i video registrati dai telefoni dei naufraghi di Pylos ma la guardia costiera greca non ha nessun video “perché la video camera non funzionava” e nessuna delle numerose navi intorno avrebbe filmato al momento del naufragio.
Di seguito il comunicato diffuso da AI e HRW.
Grecia: Le discrepanze nei resoconti del naufragio di Pylos sottolineano la necessità di un’inchiesta conforme ai diritti umani
Le profonde discrepanze tra le testimonianze dei sopravvissuti e la versione fornita dalle autorità greche rendono urgentemente necessaria, secondo Amnesty International e Human Rights Watch, un’indagine efficace, indipendente e imparziale sul naufragio del 14 giugno al largo delle coste di Pylos.
Secondo i racconti di molti tra i 104 sopravvissuti, il peschereccio “Adriana” con a bordo 750 persone venne trainato da un’imbarcazione della Guardia costiera greca, determinandone l’inabissamento. Le autorità di Atene hanno categoricamente smentito quelle affermazioni.
“Le discrepanze tra le testimonianze dei sopravvissuti e la versione fornita dalle autorità greche ci preoccupano fortemente”, ha dichiarato Judith Sunderland, direttrice associata di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale.
“Chiediamo alle autorità greche, col sostegno e sotto il controllo della comunità internazionale, di assicurare che vi sia un’indagine trasparente che fornisca verità e giustizia ai sopravvissuti e alle famiglie delle vittime e chiami a rispondere di fronte alla giustizia i responsabili del naufragio”, ha aggiunto Sunderland.
Il 13 giugno, secondo Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Unione Europea, il suo aereo di sorveglianza ha avvistato l’Adriana alle 09:47 UTC (12:47 EEST/ Atene) e ha allertato le autorità greche e italiane. Nelle ore successive, due navi mercantili e successivamente una nave della Guardia Costiera ellenica hanno interagito con l’Adriana. Dopo il rovesciamento dell’imbarcazione, avvenuto intorno alle 2:00 EEST del 14 giugno, sono stati tratti in salvo solo 104 superstiti, tra cui diversi bambini.
Tra il 4 e il 13 luglio una delegazione di Amnesty International e Human Rights Watch ha visitato la Grecia per svolgere ricerche sulle circostanze del naufragio e sui passi avanti verso l’accertamento delle responsabilità. La delegazione ha intervistato 19 sopravvissuti, quattro familiari di dispersi, rappresentanti di organizzazioni non governative, delle Nazioni Unite e delle agenzie internazionali, nonché funzionari della Guardia costiera e della Polizia della Grecia.
Le prime osservazioni della delegazione hanno confermato le preoccupazioni espresse da altre fonti credibili sulla dinamica del naufragio. I sopravvissuti hanno concordemente dichiarato che un’imbarcazione della Guardia costiera giunta sul posto attaccò una corda al peschereccio e iniziò a trainarlo, facendolo prima oscillare e poi inabissare. Hanno aggiunto che le persone a bordo avevano chiesto di essere soccorse e che, ore prima del naufragio, avevano sollecitato aiuto con un telefono satellitare.
In un incontro con la delegazione, alti funzionari della Guardia costiera greca hanno dichiarato che le persone a bordo del peschereccio si erano limitate a chiedere cibo e acqua e avevano espresso l’intenzione di proseguire la navigazione verso l’Italia. L’imbarcazione della Guardia costiera aveva accostato al peschereccio utilizzando una corda per capire se chi era a bordo volesse aiuto. Dopo i primi “negoziati”, la corda era stata lanciata indietro e il peschereccio aveva ripreso la navigazione.
Le autorità greche hanno aperto due indagini, rispettivamente per individuare presunti trafficanti e sull’operato della Guardia costiera. È fondamentale che esse rispettino gli standard internazionali sui diritti umani in materia di efficacia, indipendenza e imparzialità.
Per rafforzare la credibilità, sia reale che percepita, delle indagini, queste dovrebbero ricadere sotto la supervisione dell’ufficio della procura della Corte suprema. Le autorità di Atene dovrebbero, inoltre, assicurare che l’ufficio del Ombudsman abbia tutte le informazioni e le risorse necessarie per svolgere il suo ruolo di Meccanismo nazionale d’indagine sui casi di arbitrarietà, nel contesto delle indagini disciplinari.
Diversi sopravvissuti hanno dichiarato che, dopo il naufragio, le autorità hanno requisito i loro cellulari e non hanno dato loro alcuna documentazione o informazione su come recuperare i loro beni.
“Non mi hanno solo sottratto le prove del naufragio, ma anche il ricordo degli amici che ho perso. Mi hanno portato via la vita”, ha dichiarato Nabil, un sopravvissuto siriano.
Le autorità greche sono note per il mancato accertamento delle responsabilità per i respingimenti, violenti e illegali, alle loro frontiere. Ciò solleva preoccupazioni rispetto alla loro capacità e volontà di svolgere indagini efficaci e indipendenti sul naufragio di Pylos.
Anche in occasione del naufragio del 2014 presso l’isola di Farmakonisi, i sopravvissuti avevano accusato la Guardia costiera greca di aver fatto manovre azzardate per trainare la loro imbarcazione verso le acque della Turchia. Nel 2022 la Corte europea dei diritti umani ha condannato la Grecia per avere mal gestito le operazioni di soccorso e per non aver indagato adeguatamente, in particolare riguardo a come sono state gestite le testimonianze dei sopravvissuti.
A causa della gravità e dell’enorme significato della tragedia di Pylos, le autorità greche dovrebbero chiedere e apprezzare l’assistenza e la cooperazione internazionale e/o europea nello svolgimento delle indagini nazionali come ulteriore garanzia di indipendenza, efficacia e trasparenza.
Un’indagine completa e credibile sul naufragio dovrebbe chiarire tutte le responsabilità per quanto riguarda sia il naufragio che i ritardi o le manchevolezze nei soccorsi che possano aver contribuito all’agghiacciante numero di vittime. L’indagine dovrebbe raccogliere le testimonianze di tutti i sopravvissuti, assicurando un clima di fiducia e di sicurezza.
Tutte le prove, come i tracciati delle comunicazioni, i video e le fotografie, dovrebbero essere raccolte, esaminate e protette per favorire l’accertamento delle responsabilità. Tutti i beni personali, come i telefoni cellulari, requisiti per finalità investigative, dovrebbero essere conservati e restituiti in un tempo ragionevole.
Tutte le persone coinvolte o a conoscenza del naufragio, come la Guardia costiera greca e l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex), i capitani e l’equipaggio di due navi mercantili e chiunque altro abbia preso parte alle operazioni di soccorso dopo il naufragio, dovrebbero essere chiamati a testimoniare e dovrebbero collaborare pienamente e rapidamente alle indagini.
Parallelamente all’indagine greca, l’Ombudsman dell’Unione europea ha annunciato l’intenzione di aprire un’indagine sul ruolo di Frontex nelle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, compreso il naufragio del peschereccio “Adriana”. Sono in gioco importanti aspetti del ruolo, delle prassi e dei protocolli dell’agenzia e riguardo a cosa questa abbia fatto per rispettare i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale e delle leggi dell’Unione europea riguardo a questo e ad altri naufragi.
Amnesty International e Human Rights Watch continuano a indagare sul naufragio di Pylos e a chiedere giustizia.
“Questa tragedia evitabile dimostra la bancarotta delle politiche dell’Unione europea in tema d’immigrazione, basate sull’esclusione razzializzata delle persone in movimento e sulla deterrenza mortale”, ha commentato Esther Major, alta consulente di Amnesty International sulle ricerche in Europa.
“Per assicurare che Pylos sia stata davvero l’ultima, e non la più recente, di un inconcepibilmente lungo elenco di tragedie nel Mediterraneo, è necessario che l’Unione europea riorienti le sue politiche alle frontiere in favore del soccorso in mare e di percorsi legali e sicuri per le persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate”, ha concluso Major.
Ulteriori informazioni
Nell’ambito delle loro indagini, Amnesty International e Human Rights Watch hanno inviato richieste d’informazioni a vari attori chiave, tra i quali il ministero degli Affari marittimi e delle Politiche insulari della Grecia, i procuratori della Corte suprema della Grecia, il tribunale marittimo del Pireo e Frontex.
Il 13 giugno Frontex ha reso noto che un suo aereo di sorveglianza aveva individuato il peschereccio “Adriana” alle 10:47 ora italiana e aveva allertato le autorità greche e italiane.
Nelle ore successive, due navi mercantili e in seguito un’imbarcazione della Guardia costiera greca interagirono col peschereccio, che affondò alle 3 del mattino del 14 giugno. Furono tratte in salvo solo 104 persone, tra cui molti bambini.
Il procuratore di Kalamata ha ordinato l’arresto di nove cittadini egiziani, sopravvissuti al naufragio, con l’accusa di traffico di esseri umani, appartenenza a un’impresa criminale, omicidio colposo e altri gravi reati.
A seguito di una decisione del capo dell’ufficio della Procura del tribunale marittimo del Pireo, è in corso un’indagine preliminare sulle circostanze del naufragio e su possibili reati commessi dall’equipaggio della Guardia costiera greca. Amnesty International e Human Rights Watch hanno chiesto al ministero degli Affari marittimi e delle Politiche insulari notizie su eventuali indagini disciplinati avviate nei confronti dell’equipaggio della Guardia costiera greca.